Processo Amministrativo Telematico #PAT e nuove regole tecniche – Prime riflessioni – Condivisibili novità, alcuni dubbi interpretativi e qualche passo indietro

IL PROCESSO AMMINISTRATIVO TELEMATICO E LE NUOVE REGOLE TECNICHE

PRIME RIFLESSIONI

– Condivisibili novità, alcuni dubbi interpretativi e qualche passo indietro –

| Sommario
1. Il contesto normativo.
2.
Le novità più rilevanti e le differenze rispetto al PCT
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1. IL CONTESTO NORMATIVO

Le origini del processo amministrativo telematico rimontano all’art. 18 del d.P.R. 123/2001 («Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo innanzi le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti»), adottato ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. c) della legge 23 agosto 1988, n.400: tale norma rinviava ad ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (mai emanati) il compito di fissare le regole tecniche ed operative per il funzionamento dei sistemi informatici della giustizia amministrativa e contabile.

L’art. 44, comma 2, lett. a) della legge n. 69 del 2009 attribuì poi al Governo la delega per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai TAR ed al Consiglio di Stato: ivi fu previsto, tra gli altri principi, quello di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche”: in attuazione di tale delega fu, quindi, emanato il dlt n. 104/2010 (codice del processo amministrativo) che ha dedicato il Titolo IV dell’allegato 2, recante le “Norme di attuazione”, al processo amministrativo telematico.

Tale titolo è composto da una sola norma, l’art. 13, il quale  prevede che  «Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA, sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l'aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali», mentre il comma 1-bis, aggiunto dall’art. 2, comma 2, D.L. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 febbraio 2016, n. 21, ha previsto che, «In attuazione del criterio di graduale introduzione del processo telematico, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 e fino alla data del 30 giugno 2016 si procede alla sperimentazione delle nuove disposizioni presso i Tribunali amministrativi regionali ed il Consiglio di Stato. L'individuazione delle concrete modalità attuative della sperimentazione è demandata agli Organi della Giustizia Amministrativa nel rispetto di quanto previsto nel predetto decreto».

Il decreto di cui al comma 1 dell’art. 13 è stato finalmente pubblicato nella G.U. n. 67 del 21/3/2016 ed entrerà in vigore il prossimo  5 Aprile 2016.

Ciò premesso, prima di analizzare il contenuto di tale provvedimento, conviene ricordare che l’art. 38 comma 1 bis del d.l. n. 90 del 2014, introdotto in sede di conversione con la legge n. 114 del 2014, modificò l’art. 136 del c.p.a., introducendo il comma 2-bis, secondo il quale, a far data dal 1/1/2015,  «Tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti sono sottoscritti con firma digitale»: tale termine, com’è noto, è stato fatto oggetto di proroga per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. b) del d.l. n. 192 del 2014, convertito dalla legge n. 119 del 2015,  poi di un secondo rinvio al 1/1/2016,  ai sensi dell’art. 20, comma 1, lett. b) del d.l. n. 83 del 2015, convertito dalla legge n. 132 del 2015, ed infine  l’art. 2, comma 1 del DL n. 210 del 2015  ha fissato, parrebbe in via definitiva, il termine di entrata in vigore  al 1° luglio 2016.

 

 

2. LE NOVITA’ PIU’ RILEVANTI E DIFFERENZE RISPETTO AL PCT

Il D.P.C.M. 16 febbraio 2016 n. 40 consta di una parte normativa, le regole tecniche, formata da ventuno articoli, e da un “allegato A” che contiene le specifiche tecniche: senza pretesa di esaustività, per rendere più immediatamente percepibili le novità del PAT, cercheremo di individuare gli aspetti caratterizzanti del nuovo sistema sotto un profilo differenziale rispetto al PCT.

Quanto alla data di entrata in vigore, questa è stabilita per il 5 Aprile 2016, in concomitanza con l’avvio della sperimentazione su base nazionale, prevista per l’11 aprile, all’esito di quella, più ristretta, effettuata a decorrere dallo scorso 11 marzo su alcune sedi “pilota”: tale previsione,consentirà di effettuare già dal mese venturo quantomeno le notificazioni in via telematica ex art. 3 bis L. 53/94, sinora oggetto di controversa interpretazione giurisprudenziale per via della ritenuta inapplicabilità al processo amministrativo delle regole approvate appositamente per il PCT, ex DM 44/2011, e delle specifiche DGSIA del 16/4/2014 [Nota di aggiornamento: in realtà, ad un più attento esame del provvedimento in commento e, segnatamente dell'art. 21, si ritiene che anche le norme relative alle notifiche a mezzo posta elettronica certificata entreranno in vigore solo dal 1° luglio ’16].

L’art. 14 del Regolamento  contiene infatti l’inequivoca previsione (finalmente!) che «I difensori possono eseguire la notificazione a mezzo PEC a norma dell'articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53», con disposizioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle ormai ben note del PCT e con la medesima limitazione, quanto agli elenchi pubblici per gli indirizzi delle pubbliche amministrazioni, a quello previsto dall’art. 16, comma 12, DL 179/2012 (Registro PP.AA.).

Le peculiarità che si segnalano – anche in termini differenziali rispetto al processo civile telematico – sono:

  1. l’esclusività dei depositi in modalità telematica a far data dall’1/7/2016, senza previsione alcuna di regimi intermedi né quanto ai procedimenti pendenti né per le diverse tipologie di atti: tutto andrà depositato, a partire da tale data, esclusivamente in modalità telematica;
     
  2. l’esclusività dell’utilizzo della firma PAdES (art. 11, comma 6 delle specifiche), laddove – com’è noto – nel processo civile telematico è possibile utilizzare anche la firma CAdES ovvero che incorpora al file sottoscritto digitalmente l’estensione .p7m;
     
  3. la previsione che il fascicolo processuale è  tenuto  sotto  forma  di  fascicolo informatico, con conseguente rinvio al D.P.C.M. 13.11.2014 (recante Regole tecniche sui documenti e sul fascicolo informatico) ed al D.P.C.M. 03.12.2013 in materia di conservazione: l’intera infrastruttura informatica gravita attorno al Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa, il S.I.G.A., organizzato in conformità alle prescrizioni del CPA,  alle  disposizioni  di   legge   speciali  regolanti il processo amministrativo telematico, al CAD e al Codice dei dati personali;
     
  4. l’imputazione dei dati nei registri informatici avviene evidentemente ad opera esclusiva dei soggetti interni (segretari) e non mediante acquisizione dei dati trasmessi dai soggetti esterni (DatiAtto.xml), laddove l’art. 6 prescrive che sia assicurata “la certezza della data e  dell'oggetto  delle  registrazioni  e  l'identificazione  del soggetto che procede alle registrazioni informatiche”;
     
  5. la procura alle liti (art. 8), diversamente dall’art. 83 c.p.c., “é autenticata dal difensore, nei  casi  in cui é il medesimo a provvedervi, mediante  apposizione  della  firma digitale”: qui la norma pare riferirsi al potere di certificazione dell’autografia della parte che, com’è noto, nel processo civile telematico è la copia informatica ad essere “autenticata con firma digitale”. Ed ancora, a differenza del pct – nel quale ai fini dell’attestazione di conformità della procura la sola apposizione della firma digitale è autosufficiente, non prevedendosi una dichiarazione espressa da parte dell’avvocato – l’art. 8, comma 2, prevede che “Nei casi in cui la procura è conferita su supporto cartaceo, il difensore procede al deposito telematico della copia per immagine su supporto informatico, compiendo l'asseverazione  prevista dall'articolo 22, comma 2, del CAD con l'inserimento della relativa dichiarazione nel medesimo o in un distinto documento sottoscritto con firma digitale”: al riguardo, si evidenzia che tale espressa previsione implica, nel caso di attestazione formata su documento separato, l’applicazione dell’art. 4, comma 3 del dpcm 13/11/2014, con la conseguente necessità di indicare, nel corpo della dichiarazione ex art. 22, comma 2 CAD, l’impronta della copia informatica ed il riferimento temporale con  il ritorno dell’impronta HASH.
     
  6. il doppio canale di deposito, sia mediante PEC che mediante upload dei documenti, con la precisazione che l’upload è possibile solo “Nel caso in  cui  non  sia  possibile,  per  comprovate  ragioni tecniche, il deposito con PEC, come attestato dal  messaggio  di  cui all'articolo 7, comma  7,  o  nel  caso  in  cui  la  dimensione  del documento da depositare superi i 30 MB, è consentito il  caricamento diretto attraverso il Sito  Istituzionale  (upload),  secondo  quanto indicato dall'articolo 8” e, in tal caso, l’avvocato deve pure indicare la ragione che  non  ha  consentito  il deposito mediante  PEC  e  digitare  il  codice  identificativo  del messaggio di mancato deposito. Peraltro, ai sensi dell’art. 9, comma 6 delle regole, l’utilizzo dell’upload  è consentito anche nel caso in cui, per  ragioni  tecniche  o  per  la particolare dimensione del documento, il deposito non possa avvenire mediante  PEC;
     
  7. la previsione che il deposito si considera «tempestivo quando entro le ore 24 del giorno di scadenza1 è generata la ricevuta di  avvenuta accettazione..» diversamente dal pct ove rileva, invece, la RdAC, ma con la precisazione che  ciò vale «ove il deposito risulti, anche successivamente, andato a buon fine  secondo  quanto  previsto  dalle specifiche tecniche di cui all'articolo 19». Se poi al  mittente perviene il messaggio di mancata consegna della PEC di deposito, l'attività di deposito dovrà essere ripetuta con il medesimo contenuto e ai  fini della rimessione in termini da parte  del Giudice,  ove  la  mancata consegna sia dipesa da cause non imputabili al mittente, deve  essere allegato il messaggio di mancata consegna unitamente alla ricevuta di avvenuta accettazione generata tempestivamente. Sempre in tema di deposito, è replicata la disposizione dell’art.4, comma 2, CPA ove prevede che in caso di atti o documenti da depositare “sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio” il deposito, anche se effettuato con modalità telematiche, debba essere effettuato entro le ore 12 dell’ultimo giorno di consentito.
     
  8. La previsione della frazionabilità dei depositi eccedenti la dimensione massima della pec: in tal caso la norma anzitutto ha riguardo alla “dimensione massima gestibile dalla casella del mittente” e non anche a quella della casella dell’ufficio destinatario; si prevede, poi, che  il  deposito degli atti o dei documenti puo' essere eseguito mediante l'invio di piu' messaggi di  posta  elettronica  certificata e che, in  tal caso il deposito,  ove andato a buon fine, si perfeziona  con  la  generazione dell'ultima ricevuta di accettazione;
     
  9. Le modalità di formazione dell’atto oggetto del deposito che non richiede  l’utilizzo di un redattore atti e viene invece approntato mediante un modulo pdf (diverso per il ricorso introduttivo e per gli atti successivi) compilabile, al quale vanno allegati – mediante l’utilizzo di Acrobat Reader – i documenti nei formati previsti dall’art. 12 dell’Allegato A (pdf, txt, rtf, xml, jpg, jpeg, gif, tiff, tif, msg ed eml, nonché i formati compressi zip e rar purché contenenti documenti nei formati anzidetti) ed inviato tramite l’utilizzo della Pec del difensore alla Pec della sede adita, il cui indirizzo è pubblicato sul portale della giustizia amministrativa;
     
  10. La previsione – che si distingue nettamente dall’art. 16 bis, comma 9 bis, DL 179/2012 – relativa alle copie estratte dai registri informatici S.I.G.A., secondo cui queste possono essere utilizzate solo ad “uso studio”, laddove le copie autentiche la richiesta dev’essere inoltrata “attraverso apposita funzionalita' disponibile sul Sito Istituzionale” secondo le modalità prescritte dall’art. 16 dell’Allegato A, con corresponsione dei diritti di copia;
     
  11. Con riguardo al tema delle notificazioni, merita di essere segnalato che l’art.14, comma 5, nell’ipotesi di notificazione effettuata con modalità tradizionali, impone che la relativa prova sia fornita depositando nel fascicolo informatico le relative copie per immagine, anch’esse asseverate, come per il caso della procura, a mente dell’art. 22, comma 2, del CAD e, quindi, con l’apposizione del riferimento temporale e dell’impronta della copia informatica.

Ad un impianto certamente condivisibile e che in alcun punti offre risposte a problemi sollevati dall’esperienza del processo civile telematico, non sfuggono alcune osservazioni di natura critica.

Un primo duplice interrogativo lo pone l’art. 12 delle specifiche tecniche sia dal punto di vista degli atti del processo sia dal punto di vista dei documenti.

Per quanto riguarda gli atti del processo si permette la redazione degli stessi in tre formati, vale a dire PDF – PDF/A, TXT e RTF (la quarta ipotesi è quella dell’allegazione di un archivio compresso purché contenente atti redatti nei formati precedenti), ingenerando così un possibile contrasto con l’art. 9, che può essere così schematizzato:

  • l’art. 9 delle regole tecniche impone che gli atti del processo amministrativo vengano sottoscritti con firma digitale;
  • l’art. 12, comma VI, delle specifiche tecniche impone che la struttura della firma digitale sia PAdES-BES
  • tale tipologia di firma digitale può però essere apposta solo su documenti che siano in formato PDF, non su documenti che nascano in formato RTF o TXT.

Evidentemente, proprio al fine di superare tale possibile contrasto e di assicurare la piena operatività delle specifiche tecniche, l’art. 6, comma 5, delle specifiche tecniche ha previsto quindi che l’unico atto da firmare digitalmente sia in realtà il ModuloDeposito2 e non i singoli atti del processo e che, attraverso tale operazione, la firma digitale si intende estesa a tutti i documenti in essi contenuti.

Passando invece all’esame dei formati ammessi per il deposito dei documenti notiamo che viene consentito l’utilizzo di alcuni formati predeterminati quali pdf, txt, xml o i formati immagine più diffusi, nonché i formati .eml o .msg (ciò al fine di poter depositare soprattutto le ricevute dei messaggi di PEC) ma non si fa cenno alcuno che i detti formati (principalmente il pdf e l’xml) siano muniti di firma digitale in formato .p7m.

Il problema è rilevante perché i documenti nascono al di fuori del processo e seguono regole differenti da quelle del processo stesso; a tal proposito l’esperienza insegna che le pubbliche amministrazioni ricevono preferibilmente (per non dire esclusivamente) atti o documenti muniti di firma digitale con struttura CAdES-BES e anche le fatture elettroniche emesse verso la pubblica amministrazione sono firmate con la medesima struttura (o con struttura XAdES-BES). Anche qui le specifiche tecniche ingenerano il dubbio:

  1. il documento con estensione .p7m verrà comunque riconosciuto ed accettato dal sistema, costituendo la firma digitale una mera estensione informatica che non modifica  il formato documentale utilizzato?
  2. il documento verrà riconosciuto come allegato non depositabile e comprometterà l’esito del deposito? In tal caso vi sarebbe un grave vulnus non essendo consentito il deposito telematico di documenti informatici certamente rilevanti ai fini del procedimento. Forse tale problema, ove si ponesse, potrebbe essere superato con l’upload del documento ma costituirebbe comunque una complicazione dell’iter procedimentale.

Una possibile parziale soluzione del problema potrebbe essere data dall’art. 12, comma IV, delle specifiche tecniche, che consente il deposito di documenti digitali in formati diversi da quelli sopra esaminata solo però quando “il diverso formato è richiesto da specifiche disposizioni normative3.

Altra problematica concerne le modalità di conservazione dei fascicoli informatici per le quali, lo si ricorda, è stata codificata l’applicabilità del D.P.C.M 3 dicembre 2013. Alcune nome fanno infatti dubitare circa l’effettiva possibilità di rispettare tale normativa; il riferimento è in particolare:

  • all’art. 5, lett. f, delle regole tecniche il quale prevede che il fascicolo informatico contenga il link al contenuto del fascicolo informatico di provenienza;
  • all’art. 11 delle specifiche tecniche il quale prevede la trasmissione al giudice superiore (Consiglio di Stato o CGA Regione Sicilia).

Appare invero difficile, per non dire impossibile, rispettare tali norme laddove, in ottemperanza delle disposizioni sulla conservazione documentale, si proceda ad una corretta archiviazione dei fascicoli.

In applicazione di tali norme, infatti, il fascicolo del primo procedimento dovrebbe costituire un pacchetto di versamento da inviare all’archivio informatico, che costituisce però una struttura del tutto distinta da quella che ospita i fascicoli del procedimento.

Al documento così archiviato, però, non si potrebbe accedere con le modalità codificate dalle norme in commento; si dovrebbe invece chiedere al conservatore l’esibizione di un pacchetto di distribuzione (ovvero del fascicolo vero e proprio) che potrà semmai essere importato nel fascicolo del giudice superiore.

Tale modalità, che replicherebbe sostanzialmente ciò che avviene nel mondo analogico, avrebbe ovviamente il pregio di restituire un fascicolo mantenuto in piene condizioni di integrità e validità.

Altra soluzione ipotizzabile sarebbe quella di mandare in conservazione un duplicato del fascicolo informatico in modo da lasciarne sempre una versione visibile sul S.I.G.A. al fine di rispettare le norme sopra analizzate; detta operazione si tradurrebbe però in un aggravio procedimentale privo di vantaggi.

Conclusivamente, ad un primo e sommario esame, se nel complesso la normativa tecnica si fa apprezzare per la notevole semplificazione rispetto al PCT (non necessarietà di un redattore, creazione di depositi strutturati un unico complesso documento pdf che comprende l'atto del processo e gli allegati),  probabilmente esso costituisce un passo indietro sotto profili puramente informatici, dacché si privilegia la circolazione dei documenti a quella dei dati laddove l'evoluzione tecnologica parrebbe volta in tale ultima direzione.


[1] Si noti che la differenza di formulazione della norma (“entro le ore 24”) potrebbe ingenerare dubbi interpretativi: l’art- 52, comma 2, DL 90/2014 tecnica per il pct parla infatti di “fine del giorno di scadenza”: orbene, nel sistema orario a 24 ore il giorno inizia a mezzanotte, indicata come 00:00, e finisce con il passare dell'ultimo minuto, quello corrispondente alle 23:59, di tal che la formulazione dell’art. 9 comma 3 potrebbe condurre all’assurdo di ridurre di un giorno il termine di scadenza dei termini. [torna su]

[2] La suggestione che darebbe questa tesi –ove fondata– sarebbe grandissima perché, di fatto, si affermerebbe che la firma digitale, notoriamente altra e diversa rispetto alla firma autografa, non deve essere connessa in maniera inscindibile ad un atto ma deve invece identificare in maniera inequivoca l’identità del depositante. [torna su]

[3]  Si pensi all’esempio delle fatture elettroniche fatto in precedenza, la cui firma digitale è prescritta dalla legge. [torna su]

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