Inammissibilità (presunta?) degli atti di impugnazione depositati a mezzo PEC nel processo penale

Per il testo completo della nota, si veda R. ARCELLA, G. VITRANI, Inammissibilità (presunta?) degli atti di impugnazione depositati a mezzo PEC nel processo penale, su Ilprocessotelematico.it, 2020.

La questione

La questione centrale esaminata dalla sentenza riguarda l’ammissibilità dei motivi nuovi di impugnazione, depositati a mezzo posta elettronica certificata dal Pubblico Ministero verosimilmente in applicazione dell’art. 24, comma 5, d.l. 137 del 2020 il quale prevede che “per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (che si depositano attraverso il cosiddetto portale dei depositi penali, ndr), fino alla scadenza del termine di cui all’art. 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all’art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio”.

Poiché la risposta della Suprema Corte è stata negativa ed ha sanzionato il deposito con l’inammissibilità, appare opportuno valutare la correttezza delle argomentazioni fornite a supporto di tale decisione, avuto anche riguardo alle pesanti ricadute che essa è destinata ad avere su numerosi processi in corso e sui diritti dei cittadini.

Ulteriore elemento da tenere presente è che alla data del deposito effettuato dal Pubblico Ministero non erano ancora state emanate le specifiche tecniche previste dalla suddetta norma.

[…]

Osservazioni

1. La pronuncia in commento è destinata ad avere, già nel breve termine, pesanti ricadute sulle impugnazioni depositate dai difensori col mezzo telematico, tant’è che il Tribunale del Riesame di Milano, prima, e quello di Napoli, poi, non hanno tardato a rendere noto il proprio orientamento adesivo alla prima pronunzia sull’argomento emessa dalla Corte di Cassazione.

Se la valutazione degli effetti nefasti di una simile interpretazione costituisce il “guardar la luna” dei diritti dei cittadini sacrificati, per una volta vogliamo osservare “il dito”, ossia valutare la l’iter argomentativo seguito dalla Corte, perché già ad un primo e sommario esame la pronuncia in commento appare profondamente errata e viziata da una incompleta valutazione dell’attuale contesto normativo. Quasi che dieci anni di norme sulla digitalizzazione e di correttivi del CAD siano passati inosservati agli occhi dei supremi giudici.

2. Il principio affermato nella sentenza qui in commento muove dal presupposto che l’art. 4 d.l. 193 del 2009 avrebbe impresso all’intera normativa sul processo telematico un carattere di specialità rispetto alla disciplina del codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. 82/2005). La norma in parola contiene sostanzialmente due previsioni: la prima (comma 1) demanda al Ministro della Giustizia, di concerto col Ministro della P.A. e con il CNIPA (divenuto poi DigitPA ed oggi AgID) l’individuazione delle regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; la seconda contiene la previsione secondo cui nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, mediante posta elettronica certificata, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

Il regolamento fu effettivamente emanato con il d.m. n. 44 del 2011, fatto a sua volta oggetto di due operazioni di restyling, prima con il d.m. 15 ottobre 2012, n. 209 e poi con il d.m. 3 aprile 2013, n. 48. Esso venne poi integrato con le specifiche tecniche, ivi previste dall’art. 34, e segnatamente con il provvedimento del DGSIA del 18 Luglio 2011, poi sostituito da un nuovo provvedimento il 16 aprile 2014….   (prosegui la lettura su ilprocessotelematico.it – Giuffré  Francis Lefebvre Editore)

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